L’arrivo negli Stati Uniti non è stato dei migliori: in laboratorio potevo lavorare solo part-time, gli incontri con i colleghi erano solo virtuali, happy hour su Zoom... Sono arrivata a Berkeley proprio nel bel mezzo della pandemia, a inizio del 2021. Con i contagi ancora altissimi e senza ancora la disponibilità di dosi di vaccini su larga scala, ero stata a lungo incerta se partire o meno. Alla fine sono partita, con a fianco il mio compagno che ha deciso di seguirmi. E dopo le difficoltà iniziali, le cose hanno cominciato a girare nel verso giusto.
Venivo da una lunga esperienza all’Università di Padova, dove, dopo la laurea, ho conseguito il dottorato occupandomi sempre dei mitocondri, gli organelli che dentro la cellula si occupano soprattutto di fornire l’energia necessaria a tutti i processi biologici. Durante il dottorato, però, avevo conosciuto a un congresso il mio attuale ‘capo’ a Berkeley. Mi aveva affascinato la sua presentazione in cui parlava di lisosomi. Si tratta di un altro tipo di organelli che si trovano all’interno della cellula e che sono stati a lungo considerati come dei semplici cestini della spazzatura, dove smaltire o riciclare ogni materiale di scarto dell’attività cellulare. In realtà ora sappiamo che non è così e che i lisosomi sono anche la base di molti sistemi di comunicazione funzionali alla proliferazione e all’omeostasi della cellula.
Tanto mi ha affascinato l’argomento che ho pensato subito a un progetto di ricerca che potesse combinare le mie competenze sui mitocondri allo studio di questo ruolo ancora poco conosciuto dei lisosomi. AIRC mi ha consentito di realizzarlo sostenendo con una borsa biennale in memoria di Ezio e Maria Panciera la mia attività di ricerca all’Università della California a Berkeley.
In realtà AIRC è stata una presenza costante nella mia vita. Sosteneva il laboratorio in cui ho svolto prima la tesi e poi il dottorato. E poi mia mamma è da sempre una donatrice.
Qui a Berkeley sto studiando un meccanismo che potrebbe essere coinvolto nello sviluppo di alcuni tumori, in particolare di quello del rene e del pancreas. Si tratta di un complesso sistema di comunicazione che parte dai lisosomi e, coinvolgendo i mitocondri, consente alle cellule tumorali di adottare un metabolismo che sostiene la crescita e la resistenza agli stress. La speranza è che, ricostruendo tutte le fasi di questo processo, sia possibile individuare delle vulnerabilità del tumore, cioè dei componenti che, se eliminati o bloccati, possano impedire la proliferazione o indurre la morte delle cellule tumorali.
Un ritorno in Italia? Chissà! Di certo la nostalgia è tanta. Mi mancano la famiglia, gli amici, il paese dove son cresciuta. E le camminate lungo il mio amato fiume Brenta. In futuro mi piacerebbe poter tornare e restituire quello che sto imparando in questi anni all’estero. Per il momento, però, negli Stati Uniti mi trovo bene. Qui si ha la possibilità di crescere molto dal punto di vista professionale; inoltre è un posto in cui c’è molta meritocrazia e un maggiore riconoscimento del ruolo del ricercatore rispetto all’Italia. Questa è una cosa che dà tanta energia.
Nata a Vicenza nel 1991, si è laureata in Biologia Molecolare all’Università degli Studi di Padova. Qui ha continuato il percorso da ricercatrice conseguendo un dottorato in Bioscienze, occupandosi soprattutto di mitocondri. Oggi, grazie a una borsa biennale di Fondazione AIRC, in memoria di Ezio e Maria Panciera, è negli Stati Uniti, all’ Università della California a Berkeley, dove studia un meccanismo coinvolto nello sviluppo dei tumori del rene e del pancreas.
Data di pubblicazione: 17 marzo 2022